José Mourinho può stare antipatico o simpatico ma non è mai banale: le dichiarazioni del tecnico portoghese lasciano gli interisti senza parole.
Ci sono storie che resistono al tempo e altre che, col tempo, acquistano significato. L’Inter di José Mourinho appartiene a entrambe le categorie. Non è solo un ricordo scolpito nella memoria dei tifosi, ma un pezzo di identità calcistica per un’intera generazione. A Milano, tra il 2008 e il 2010, lo Special One ha modellato una squadra feroce e lucidissima, capace di coniugare intensità e calcolo, fame e controllo. Il risultato è passato alla storia: il 2010 del Triplete, la vittoria nello stesso anno di Campionato, Coppa Italia e Champions League.

Il percorso fu qualcosa di più di una somma di trofei. Fu un manifesto tattico e mentale. Il 4-2-3-1 carico di responsabilità individuali e sincronismi perfetti; la catena difensiva con Julio Cesar, Lucio e Samuel; Maicon straripante; il cuore di Cambiasso e Zanetti; la regia elegante di Sneijder; il sacrificio aristocratico di Eto’o e i gol pesantissimi di Milito.
In Europa, la gestione delle emozioni sfiorò la perfezione: la battaglia contro il Barcellona di Guardiola, la finale di Madrid col Bayern, la sensazione che ogni mossa avesse un perché. Quella Inter vinse tutto perché fu capace di convincersi, giorno dopo giorno, di essere la squadra da battere.
Non erano solo partite. Era gestione del tempo, dei titoli dei giornali, delle pressioni. Mourinho governava tutto: i silenzi, le pause, le punte di sarcasmo. In un campionato abituato agli equilibri, il suo arrivo fece saltare il banco. L’Inter cambiò ritmo e lo cambiò anche il racconto del calcio italiano. Ecco perché ogni volta che il suo nome ritorna associato ai nerazzurri, non è mai un semplice tuffo nel passato: è una lente per leggere chi siamo diventati, calcisticamente, dopo di lui.
Buffon, lo Special One e quelle parole che spiazzano
Tra i tanti ospiti presenti al ‘Teatro San Carlo’ di Napoli, in occasione del centenario della fondazione de Il Corriere dello Sport-Stadio, Gianluigi Buffon, capodelegazione dell’Italia, ha parlato così della rivalità tra Juve e Inter, soffermandosi quando sulla panchina nerazzurra si accomodava lo Special One, José Mourinho.

“Non correva buon sangue, all’epoca volevamo ammazzare sportivamente l’Inter quando la incontravamo. Poi, spesso e volentieri, arrivava Mourinho che ti faceva una battuta e ti diceva qualcosa e così non riuscivi a odiarli. Trovava sempre il modo di farsi apprezzare anche dagli avversari, questa per me è una grandissima qualità”.
Non si è fatta attendere la risposta da parte dell’attuale allenatore del Benfica: “Ho sempre visto la Juve come la Juve, anche se all’epoca della mia Inter veniva dalla Serie B, da un momento diverso storicamente. E Gigi era tra i più bravi, se non il più bravo della sua generazione”.
 
 




